1.3 Gli ostacoli all'implementazione del SCM

La tendenza generale è per una sempre più ampia diffusione dei modelli di SCM; tuttavia, esistono degli ostacoli che tendono ad emergere e ad inibire scelte razionalmente ed economicamente più che corrette: si tratta per la maggior parte di barriere legate all'ambito culturale dell'impresa e del Paese nella quale essa opera.

Esiste la propensione per determinati tipi di imprese, infatti, ad essere complessivamente più statiche di altre nell'adozione di procedure gestionali ed operative nuove e più efficienti. Le cause vanno ricercate nel tipo di mercato nelle quali esse operano: se questo non è caratterizzato da una particolare concorrenza, oppure non è sensibile alle innovazioni tecnologiche, esso non stimola a sufficienza le imprese nell'essere abbastanza attive per acquisire e sfruttare nuove opportunità e nuove metodologie gestionali. Molto più spesso, sono fattori interni al management dell'impresa a far emergere difficoltà nell'abbandonare anche solo parzialmente modelli gestionali, strategici ed organizzativi che ne avevano decretato il successo in passato, specialmente se tale evento dovesse comportare, come richiederebbe un SCM esteso, una minor indipendenza, dovuta alla condivisione con imprese terze di parte delle scelte strategiche.

Al contrario le aziende giovani o legate a settori economici più dinamici, con elevati livelli di concorrenza, o comunque soggetti a frequenti evoluzioni, spesso dimostrano una maggiore elasticità e un maggior dinamismo, cosa che permette loro di emergere e a discapito delle imprese meno reattive.
Tab. 1.5 : Motivazioni che impediscono l'implementazione del Supply Chain. Questionario multiscelta su un campione di 245 aziende manifatturiere. [Little Arthur D., Il sole 24 ore]

Quanto detto trova conferma nei dati che emergono da una ricerca condotta su 245 imprese manifatturiere europee svolta da Arthur D. Little, alle quali sono state sottoposte alcuni questionari concernenti l'approccio gestionale integrato delle forniture: come riportato nella tabella 1.5, tra quelle che hanno dimostrato di non essersi mosse sinora in questa direzione, è emerso che gli ostacoli maggiori sono costituiti, per il 52% dei casi, dalla resistenza del management al cambiamento, mentre per il 39% dei casi è una scarsa attenzione all'evoluzione delle strutture del mercato ad impedire il conseguimento di un maggior successo; gli altri limiti che emergono da tale studio sono la scarsa disponibilità di dati da esaminare (51%), la complessità della ri-progettazione dei processi (49%) e l'inadeguatezza della struttura organizzativa (41%).

1.4 Le aree di intervento del SCM

Al fine di apprezzare correttamente il SCM, è necessario procedere analizzando le diverse aree operative e gestionali di un impresa nelle quali avvengono i cambiamenti più evidenti, prendendo come punto di riferimento un'impresa industriale di medie dimensioni. Innanzitutto bisogna sottolineare come i cambiamenti introdotti in una SCM estesa riguardino l'aspetto tattico, strategico e operativo.

Sul piano tattico, infatti, il SCM definisce gli strumenti migliori per acquisire da ogni anello della supply chain le informazioni necessarie allo sviluppo di pianificazioni a lungo termine adeguate agli obiettivi. In particolare, di fondamentale importanza risulta l'acquisizione delle informazioni sulla domanda (dati di vendita, statistiche sulle preferenze, previsioni), sulla produzione (dati tecnici sui materiali, sui prodotti, sulle tecniche e sulle metodologie di produzione ed aggiornamento delle evoluzioni delle relative evoluzioni possibili), sulla distribuzione (organizzazione di vendita, dati sui vettori).

Sul piano strategico, in base alle informazioni in possesso, il SCM opera individuando la struttura e le modalità dei network fisici ideali al fine di poter raggiungere gli obiettivi di business con la migliore efficacia e, al tempo stesso, con il costo minore. Sul piano operativo, attraverso la pianificazione e in base alle variazioni dei dati in tempo reale, si riesce a definire, entro una banda di variazione, come e quanto deve operare il singolo stabilimento della singola impresa, quante merci dovranno essere in transito piuttosto che in spedizione.

Per approfondire al meglio questi aspetti diventa importante fare riferimento alle aree critiche dell'intera supply chain. In questa operazione è di particolare aiuto fare riferimento ai dati forniti dal Supply-Chain Council (SCC), una società internazionale no-profit fondata nel 1996 ed aperta a tutte le imprese ed enti interessate all'applicazione e al miglioramento del SCM (attualmente vi fanno parte più di 400 imprese manifatturiere, dettaglianti, di distribuzione); la sede principale è a Pittsburgh, in Pennsylvania (U.S.A), ma può contare anche su filiali in Europa, Giappone e Corea.

Per questi motivi rappresenta un saldo punto di riferimento nel fornire dati attendibili nel campo del SCM. Il SCC ha definito, per le imprese associate, un modello base per le attività nell'ambito della SCM, definito col nome di SCOR (Supply Chain Operations Reference-model), nel quale, appunto, vengono individuati gli anelli base (ossia i processi fondamentali) di una qualunque supply chain:

  1. Plan (pianificazione);
  2. Source (approvvigionamento/forniture);
  3. Make (produzione);
  4. Deliver (distribuzione).

Fig. 1.6 : Gli elementi del SCM nel modello di riferimento (SCOR).[Supply Chain Council (SCC), 2000] Council (SCC), 2000]



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